Non posso e non voglio entrare nella questione, dal sentore troppo politico, della questione Circo con o senza animali.
Alcune considerazioni però mi sento di poterle fare stimolato da un servizio televisivo su una mostra canina che ha mostrato una signora intenta a “cotonare” il proprio cagnolino e dalla visione di una vetrina di un negozio per animali con cappottini, stivaletti, profumi…
Mi fa meraviglia come certi atteggiamenti tendenti ad umanizzare povere bestiole con pratiche e prodotti non proprio in sintonia con la loro natura, penso ad un cappottino in cashmere e svarosky, non siano caduti nelle attenzioni dei cosiddetti animalisti, particolarmente attenti, invece, al mondo del circo.
Tale umanizzazione non fa scandalo, non preoccupa il fatto che gli animali domestici siano ormai preda degli stessi mali dei loro padroni come obesità, colesterolo, diabete, ecc. Ma così va il mondo, dietro ci sono catene di negozi, industrie alimentari, cliniche veterinarie, e quanto si ritiene necessario per fare “felici” gli amici dell’uomo (od i loro padroni). Per loro non ci sono veti e divieti, copertura di manifesti, volantinaggi, manifestazioni, lettere ai giornali, gogne pubbliche.
Invece il circo subisce tutto questo; il perché me lo sono chiesto molte volte senza mai arrivare ad una conclusione. Forse c’è una naturale incomprensione di come un essere umano possa convivere con specie animali così diverse. Mentre il cane o il gatto è animale domestico, la stessa cosa non si può dire del leone o di un elefante. Nella nostra cultura siamo abituati a vedere uomini e donne con un cane al guinzaglio, o in sella ad un cavallo. Eppure basta allargare lo sguardo per scoprire quanto sia domestico un elefante o un cammello. Nell’antichità avere al guinzaglio un leopardo era uno status simbol di potere.
Mentre per il cane ed il gatto e per gli altri animali “domestici” c’è una certa reciprocità di rapporto, la stessa cosa non si può dire per gli altri animali ritenuti “selvatici” e “feroci”. Forse è proprio la precomprensione della ferocità e selvaticità di certe bestie che inducono a sostenere la necessità di una separazione dalla sfera umana. Ma non è così, cani e gatti erano animali feroci e selvatici prima di essere addomesticati e ne è la prova l’aggressività di certe razze canine o l’inselvaticamento di ritorno dovuto al randagismo.
Non voglio generalizzare, perché ogni singolo operatore ha i suoi pregi ed i suoi difetti, ma la conoscenza che l’uomo circense ha delle sue bestie è sconvolgente. Capita spesso che qualche tigrotto si sia affilato le unghie sul divano della carovana, proprio come i nostri gatti; personalmente ho giocato a nascondino tra le carovane di un circo con un elefante, poi abbiamo dovuto smettere perché l’animale non si rendeva conto della sua mole e dei danni che poteva fare; prendendo il caffè nella roulotte di un “fachiro” da sotto i cuscini del divano è uscito un pitone che si è arrotolato sulle sue ginocchia. Potrei raccontare di un giovane che tornato a casa dal militare, qualche anno fa, è passato prima dalla scuderia a salutare le sue bestie e poi è andato dalla madre...
Sono solo episodi ma che possono raccontare, o lasciare intravedere, uno spaccato di vita del tutto sconosciuto ai più, soprattutto a coloro che ancora riescono a meravigliarsi di uno spettacolo che è anche la vita delle famiglie del circo, oppure di una vita che è diventata spettacolo.
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